mercoledì 17 ottobre 2012

Diario di una casalinga disperata

E’ uno di quei romanzi che divori perché non riesci a interrompere la lettura e poi, quando lo finisci, ti dispiace di averlo letto così in fretta. L’ho finito la scorsa notte e mi dispiace un po’ pensare che stasera quando andrò a letto non mi immergerò nelle parole e nella vita di Bettina Balser. Una storia scritta nel ‘67 che potrebbe essere scritta oggi perché l’inquietudine che descrive è quella che si insinua nella vita di molte donne, oggi come quarant’anni fa. Il senso di inadeguatezza. Le aspettative che arrivano dal mondo esterno, dal marito, dai figli, dai genitori, e tutta una serie di “si fa così”, “è normale così”, “fanno tutti così”. Non si può uscire dagli schemi, se non si vuole rischiare di essere derisi, emarginati, guardati con sospetto. E allora devi essere una brava moglie, una brava madre, una brava donna di casa, una donna curata, socievole, ordinata. Ma quando scatta quel click per cui non ti senti niente di tutto questo, allora crolli. Allora speri di diventare invisibile, speri ogni sera che tuo marito arrivi a casa troppo stanco per poter vedere come stai veramente, come sta la casa, e soprattutto per chiederti (o pretendere) di fare l’amore. Fare l’amore con lui, in questo tuo stato, è l’ultimo dei tuoi pensieri, ma non ti basta un rifiuto per accantonare il problema. No, perché se rifiuti poi scatta il senso di colpa. Se accetti, controvoglia, diventa una violenza che fai a te stessa ed è come se permettessi a tuo marito di metterla in atto. Sono equilibri sottili, in cui non ci sono colpe, ma dove è facile finire per incolpare tutti.
“Non stasera, sono troppo stanca” (...)
“E ti chiedi - ha detto Jonathan - perché vorrei che tu andassi da un dottore! Cristo. Ti rendi conto che siamo andati a letto solo una volta nelle ultime tre settimane? Cristo.
C’è qualcosa che ancora riesci a fare?
Mi sono girata e l’ho guardato. Jonathan ha guardato me. Sono scesa dal letto, sono entrata in bagno e mi sono preparata. Non sono completamente pazza”.
E così Bettina assolve il suo dovere coniugale, per assecondare le aspettative non solo di suo marito, ma di tutto un mondo, e di se stessa. Per sentirsi normale.
Una storia di rimorsi, rimpianti, un diario su cui sfogarsi, sedute dallo psicanalista, relazioni extraconiugali, bugie e confessioni, discussioni per cose inutili, insoddisfazione, inquietudine, e la sensazione di essere la donna sbagliata nel posto sbagliato.
Tutto affrontato con sottile ironia, con un’analisi attenta dei sentimenti e delle dinamiche psicologiche e interpersonali.
Io l’ho trovato meraviglioso. E mi sono ritrovata ad amare Bettina con tutte le sue paranoie, debolezze, insicurezza e sagacia.




2 commenti:

  1. Per fortuna oggi, come quarant'anni fa, si può fare una terapia di coppia per capire dove finisce il senso di soffocamento di uno e dove comincia la richiesta di un qualcosa da parte dell'altro. Perché il fatto che "sono 3 settimane che non facciamo sesso" è una richiesta che dovrebbe venire anche da lei e non solo da lui.
    La coppia in sé si porta dietro degli equilibri sottili: è già difficile trovare (e mantenere) il proprio equilibrio personale, figuriamoci quando si è in coppia...

    Riguardo al senso di inadeguatezza, ahimé, è una cosa con cui tutti bisogna devono fare i conti... la fortuna sta nell'accorgersi che si stanno seguendo dei binari imposti da altri e fare qualcosa per cambiare.
    La sfortuna è non accorgersi oppure cambiare salvo poi, dopo qualche anno, ritrovarsi a fare le stesse cose (come è successo alla "generazione '68" che una volta diventata la classe adulta al potere si è comportata come quella precedente...)

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  2. Esatto, dovrebbe partire da entrambi, e più che altro è un sintomo di altri problemi e non il problema in sé. Questo libro mi piace per come descrive gli stati d'animo (al di là dei refusi... irritanti! eheheehehh!)... e non si tende a prendere incondizionatamente le parti della protagonista, perché se ne riconoscono le debolezze... ma tutto questo la rende ancora più umana. Ancora una volta la questione non è di chi sia la colpa, ma il punto centrale è la volontà di affrontare una situazione INSIEME.

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