lunedì 16 dicembre 2013

Decidi tu o obbedisci ai dettami?

Ho già parlato più volte di quanto sia importante saper accettare e amare il proprio corpo, e della profonda differenza tra la scelta di renderlo motivo di orgoglio, al di là delle singole caratteristiche fisiche, o al contrario sottostare ai dettami della “società” modificandolo e camuffandolo.
Tra le pagine di questo libro (“Le vostre zone erronee” di Wayne W.Dyer) ho trovato le giuste parole per esprimere questo concetto che mi sta così tanto a cuore.

“Non tanto hai un bel corpo, quanto sei il tuo corpo: se non ti piace, significa che non ti accetti come essere umano.
Forse non ti piacciono alcuni dei tuoi attributi fisici. (...) Le parti che disapprovi e intorno alle quali non si può far nulla (gambe troppo lunghe, occhi troppo ravvicinati, seni troppo piccoli o troppo grossi) possono essere viste sotto una nuova luce. Niente è mai troppo qualcosa (...). Il fatto è che ti sei appropriato della definizione di bellezza che ne ha dato la società contemporanea.
Non permettere che altri decidano che cosa deve essere bello per te. Deciditi ad apprezzare il tuo fisico, riconoscine il valore e dichiaralo attraente per te; respingi ogni paragone con altri e ogni opinione altrui. Puoi decidere tu ciò che è gradevole all’occhio e relegare nel passato il fatto che non ti accettavi.
(...) Molte donne hanno accettato i “dispacci” culturali e, per quanto concerne il loro corpo, ubbidiscono ai dettami.
(...) Tutto ciò implica che vi è qualcosa di sgradevole nel naturale di una donna, nel suo essere umana, e che si può diventare attraenti soltanto divenendo artificiali. E l’aspetto più triste della faccenda è che il prodotto finale è una donna fraudolenta che si sostituisce alla naturale, senza peraltro cessare di portarsela dietro quasi tutta la vita. La donna viene incoraggiata a rifiutare la bella donna che è. (...) Si può smettere di nascondere la propria bella persona naturale. La decisione di ricorrere ai cosmetici si baserà allora su ragioni di novità e di soddisfazione personale, non sul fatto che non piace ciò che si sta coprendo. Essere oneste con se stesse in questo campo non è facile, e ci vuole tempo per imparare a distinguere quello che piace da quello che la pubblicità dice che dovrebbe piacere.

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